Nel nostro viaggio tra i tanti luoghi abbandonati in giro per l’Italia non poteva mancare Greenland, la città satellite degli anni ’90, un parco divertimenti non lontano da Milano ormai chiuso da diverso tempo.
Lo stato di abbandono è totale, non c’è più cura, non c’è più amore, sono rimasti solo gli scheletri delle giostre, vetri rotti e tanto degrado.
Nei vialetti che fino a qualche anno fa ospitavano le corse e le grida dei bambini felici di trascorrere qualche ora a Greenland, un parco divertimenti incastonato nel verde, non è rimasto niente. Alcune giostre sono state completamente distrutte, altre, come l’ottovolante, sono lì a testimoniare la presenza di un “prima” fatto di famiglia e momenti spensierati.
Negli spiazzi davanti a quello che resta dei ristoranti l’erba è altissima, la natura ha ripreso il suo posto dopo l’abbandono, infilandosi in ogni crepa, in ogni spazio lasciato incustodito dall’incuria dell’uomo.
Visitare Greenland in autunno, in una giornata grigia di pioggia, ha reso ancora più forte la consapevolezza della totale incapacità di prenderci cura di quello che creiamo: il mondo ormai sembra essere diventato usa e getta, un grande parco verde da sfruttare per costruire, distruggere e abbandonare a nostro piacimento.
Greenland oggi non ospita più bambini felici che corrono con la bocca sporca di cioccolato e lo zucchero filato appiccicato alle magliette; oggi è la patria di giovani curiosi che entrano senza permessi per il gusto di fare qualcosa di proibito, di lasciare il segno del proprio passaggio devastando quel poco che è rimasto.
E poi ci sono loro, gli ex giostrai, trincerati dentro le loro roulotte, protetti dai cani: non vogliono che Greenland venga venduto, non vogliono che quello spazio torni a splendere. E se ne stanno lì, a combattere una guerra persa in partenza, una guerra senza un cuore, mentre la natura continua a ricoprire spazio e tempo di verde e oro, foglia dopo foglia.
Visitare Greenland ci ha lasciato un senso di amarezza profondo, legato proprio all’idea della mancanza di cura per quello che abbiamo intorno: il parco divertimenti, con le sue giostre arrugginite e le foglie verdi è metafora di un amore non coltivato, soffocato dal fuoco della passione e poi dimenticato, dato per scontato e poi abbandonato.
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